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PensioniIl sistema pensionistico italiano e il peso sulle donne

Il sistema pensionistico italiano e il peso sulle donne

Secondo l’ultimo rapporto Ocse, l’Italia si trova ad affrontare una profonda trasformazione demografica destinata a influenzare in modo significativo il suo sistema previdenziale. Il rapporto “Pensions at a Glance 2025”, mostra che nei prossimi venticinque anni la popolazione dei paesi Ocse invecchierà rapidamente e il divario tra popolazione anziana e attiva subirà un aumento consistente: entro il 2050, per ogni cento persone in età lavorativa ci saranno cinquantadue persone over 65 in più rispetto ad oggi. Questa tendenza colloca il nostro Paese tra quelli più colpiti, insieme a Grecia, Polonia, Slovacchia e Spagna. La popolazione attiva, inoltre, è destinata a ridursi drasticamente, di oltre un terzo nei prossimi quarant’anni, più di quanto previsto per Giappone e Spagna.

Si stima che l’impatto di questi cambiamenti avrà delle ripercussioni anche sul sistema pensionistico italiano: mantenendo le attuali normative, le soglie d’uscita dal lavoro potrebbero raggiungere o superare i 70 anni, raggiungendo paesi come la Danimarca, l’Estonia, i paesi Bassi e la Svezia.

Il sistema previdenziale italiano si caratterizza per una forte disparità di genere: oltre il 60% dei percettori di pensioni di base o minime sono donne. Questo è dovuto a fattori come il minore tasso di occupazione femminile, interruzioni di carriera legate a maternità e lavoro di cura, la ridotta retribuzione femminile. Questo fenomeno non è limitato solo al nostro Paese, ciò accade anche in Belgio, Grecia, Lussemburgo, Spagna, Corea e Giappone. La causa principale rimane la durata delle carriere: nel 2023, le donne italiane hanno avuto in media carriere lavorative più brevi di oltre nove anni rispetto agli uomini, uno dei divari più ampi tra i Paesi OCSE. Le disparità accumulate durante la vita lavorativa si riflettono inesorabilmente al momento del pensionamento. Ciò si traduce in pensioni sensibilmente più basse: circa dieci punti percentuali separano le donne anziane dalla quota che percepisce un assegno contributivo proprio. In altri Paesi, come Spagna e Belgio, il divario può superare i quindici punti, mentre in Giappone e Costa Rica raggiunge i venticinque.

Non vi è dubbio che le disparità previdenziali hanno effetti concreti sulla vita quotidiana. Le donne in pensione presentano tassi di povertà superiori rispetto agli uomini, soprattutto nei Paesi dove il sistema pubblico rappresenta la principale fonte di reddito pensionistico, come l’Italia. Un assegno più basso si traduce in minore autonomia economica, maggiore vulnerabilità e dipendenza da sostegni familiari o pubblici. In un contesto demografico che vede crescere la popolazione anziana e predominare le donne tra gli ultra-ottantenni, queste differenze non sono solo una questione di equità, ma hanno implicazioni sociali, sanitarie ed economiche di grande rilievo.

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