La notizia è stata anticipata dal Tg1 e ha subito fatto scalpore: sono scattate perquisizioni nelle abitazioni di Andrea Sempio, dei suoi familiari e persino dell’ex procuratore di Pavia, Mario . L’accusa ipotizzata è pesante – corruzione in atti giudiziari – e al centro delle indagini ci sono appunti scritti a mano, intercettazioni e sospette movimentazioni di denaro.
Secondo quanto trapelato, il nodo principale ruota attorno a un foglio sequestrato lo scorso maggio a casa dei genitori di Sempio. Su quel pezzo di bloc notes sarebbe riportata una frase a dir poco inquietante: «Venditti gip archivia per 20-30 euro». Cifre che, per gli inquirenti, non sarebbero affatto simboliche. A dir la sua è l’avvocato di Sempio, Massimo Lovati, che ridimensiona subito la portata della vicenda: «Servirà una perizia calligrafica per attribuire quei pizzini a qualcuno. E, a essere onesti, le cifre di cui si parla sono troppo basse per ipotizzare una corruzione di quel livello».
Nonostante queste parole, la Guardia di Finanza ha individuato movimenti di denaro ben più consistenti: circa 40mila euro, partiti dalle zie di Andrea a fine 2016 e passati attraverso vari membri della famiglia. Secondo l’accusa, quella somma sarebbe servita a corrompere Venditti, che all’epoca aveva in mano il fascicolo su Sempio, poi archiviato.
Le perquisizioni hanno riguardato non solo la casa di Sempio e quella dei genitori a Garlasco, ma anche le abitazioni dei suoi zii e due ex carabinieri della polizia giudiziaria di Pavia, oggi in pensione. E naturalmente la residenza di Venditti, che oggi ricopre la carica di presidente del Casinò di Campione.
Dagli atti emergono anche presunti “contatti opachi” tra Sempio e alcuni investigatori. L’ipotesi è che il giovane, già nel 2017, fosse stato informato in anticipo sulle domande che gli sarebbero state rivolte durante l’interrogatorio. A sostegno di questa tesi ci sarebbero intercettazioni tra lui e il padre Giuseppe, registrate dentro l’auto. In una conversazione, il padre lo invita a non preoccuparsi: «Comunque ti chiederà solo le cose depositate. Se ti infila qualche domanda strana, rispondi che non ricordi, che sono passati dieci anni».
Dopo l’interrogatorio, padre e figlio commentano quanto accaduto, ammettendo anche di aver fatto qualche passo falso. In particolare, sullo scontrino del parcheggio di Vigevano del 13 agosto 2007, giorno dell’omicidio di Chiara Poggi, ci sarebbero state versioni contrastanti su quando fosse stato ritrovato.
La procura di Brescia, che coordina l’indagine, ritiene che nel 2017 siano stati omessi passaggi cruciali delle intercettazioni e che l’intero quadro probatorio di allora presenti anomalie. Non a caso, nel decreto di perquisizione si legge che la brevità dell’interrogatorio di Sempio potrebbe essere spiegata proprio da una sua “preparazione” preventiva alle domande dei magistrati.
Si tratta di un ribaltamento pesante rispetto a quanto stabilito otto anni fa. All’epoca, infatti, la procura generale di Milano aveva escluso che Sempio potesse essere l’autore dell’omicidio, sottolineando come la scena del crimine e la dinamica dell’aggressione rimandassero a una persona con un forte legame emotivo con la vittima – un profilo che, secondo i magistrati, non corrispondeva a lui.
Oggi, però, quelle certezze sembrano vacillare. E il nome di Sempio torna a essere al centro di un caso che, a distanza di quasi vent’anni dalla morte di Chiara Poggi, continua a non trovare pace.