Alzheimer, Parkinson, Sclerosi Laterale Amiotrofica (SLA) e demenza frontotemporale, sono malattie neurodegenerative che colpiscono milioni di persone in tutto il mondo in grado di alterare profondamente il comportamento, il linguaggio e la personalità delle persone colpite. Ad oggi, una delle maggiori difficoltà nella diagnosi precoce riguardava la mancanza di dati sufficienti per individuare con precisione i segnali iniziali di queste malattie.
Recentemente, un’indagine scientifica senza precedenti ha analizzato ben 250 milioni di proteine prelevate da 35.000 campioni biologici, offrendo nuove chiavi di lettura sui meccanismi che innescano malattie neurodegenerative.
Pubblicato in cinque studi sulle riviste Nature Medicine e Nature Aging, il lavoro porta la firma del Global Neurodegeneration Proteomics Consortium (GNPC), una rete internazionale di ricerca nata con l’intento di decifrare le origini biologiche dei disturbi neurodegenerativi e aprire nuove strade per diagnosi precoci e terapie mirate.
Sono circa 57 milioni le persone che convivono con malattie neurodegenerative e questo dato è destinato a raddoppiare nei prossimi vent’anni. Tuttavia, uno dei principali ostacoli alla diagnosi tempestiva è sempre stata la scarsità di dati su larga scala. Il consorzio GNPC ha finalmente superato questo limite, portando avanti un lavoro imponente, sostenuto anche dalla Gates Ventures — fondazione fondata da Bill Gates — con un focus particolare sulle malattie del cervello, la transizione energetica e la crisi climatica.
L’analisi ha portato alla scoperta di “firme proteiche” caratteristiche per ciascuna malattia, ma anche di tratti comuni tra le varie forme di neurodegenerazione. Un’attenzione particolare è stata dedicata alla variante genetica APOE ε4, da tempo nota per aumentare il rischio di Alzheimer, il cui ruolo viene confermato e approfondito anche in questo studio.
Ma non è tutto: i ricercatori sono riusciti a individuare cambiamenti nelle proteine legati all’invecchiamento, rivelando una connessione diretta con lo stato della salute cognitiva. Un risultato che potrebbe rivoluzionare la prevenzione, rendendo possibile un intervento clinico molto prima che compaiano i sintomi.
Bill Gates, in un intervento associato alla pubblicazione su Nature Medicine, ha definito lo studio “un esempio straordinario di cosa si può ottenere quando la scienza unisce le forze su scala globale”, aggiungendo con ottimismo: “Siamo sempre più vicini a un futuro in cui ricevere una diagnosi di Alzheimer non significherà più ricevere una condanna”.