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PatologieParma apre nuove prospettive per la cura dell’emicrania grazie ai monoclonali

Parma apre nuove prospettive per la cura dell’emicrania grazie ai monoclonali

A Parma, la prima giornata del 39° congresso della Società Italiana per lo Studio delle Cefalee (Sisc) ha acceso i riflettori su una vera rivoluzione terapeutica: gli anticorpi monoclonali per la prevenzione dell’emicrania. Questi farmaci innovativi, mirati a una molecola specifica chiamata CGRP, hanno dimostrato di essere efficaci, sicuri e ben tollerati, restituendo fiducia ai pazienti che li utilizzano.

L’emicrania non è semplicemente un mal di testa, ma una sindrome neurologica complessa causata da diversi fattori. Ne soffre circa un terzo della popolazione globale, in Italia sono circa sei milioni gli italiani colpiti da questa patologia, tanto che nel 2020 è stata riconosciuta come malattia sociale. Secondo il Global Burden of Disease, le cefalee sono tra le principali cause di limitazioni fisiche, subito dopo lombalgia e disturbi depressivi, e il numero dei casi è in continua crescita: nel 2021 si stimavano 1,2 miliardi di persone colpite, un incremento del 58% rispetto al 1990.

Il congresso, dal titolo “Condividere le esperienze: approccio multidisciplinare alle cefalee”, ha riunito 380 specialisti – neurologi, fisiatri, psichiatri, ginecologi e terapisti del dolore – con l’obiettivo di esplorare i più recenti avanzamenti nel campo dello studio fisiopatologico e della terapia dell’emicrania.

Tra i temi più discussi, le nuove terapie target anti-CGRP rappresentano un cambio di paradigma. Grazie alle recenti modifiche di AIFA, l’accesso ai monoclonali è più semplice: non è più obbligatorio verificare l’efficacia dopo tre mesi né interrompere il trattamento dopo un anno. Secondo Simona Guerzoni, farmacologa clinica del Centro Cefalee del Policlinico di Modena, questi farmaci hanno rivoluzionato la presa in carico dei pazienti, compresi quelli con profili complessi come obesi, anziani o con disturbi psichiatrici, garantendo risultati efficaci e una grande tollerabilità.

Le donne risultano tre volte più colpite degli uomini, e tra i fattori scatenanti ci sono ormoni, stress, affaticamento, mancanza di sonno, cambiamenti di routine, digiuno e variabili ambientali. Studi recenti sottolineano inoltre un legame tra emicrania e disturbi psichiatrici: secondo Claudia Altamura, del Centro Cefalee della Fondazione Campus Biomedico di Roma, farmaci come il fremanezumab possono alleviare anche sintomi di depressione e ansia nei pazienti affetti.

Con l’adozione dei monoclonali, il trattamento dell’emicrania si arricchisce di strumenti mirati e personalizzati, aprendo nuove prospettive per milioni di persone che convivono quotidianamente con questa condizione debilitante.

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