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NotizieInfarti senza segnali: la nuova sfida della cardiologia italiana

Infarti senza segnali: la nuova sfida della cardiologia italiana

La prevenzione è l’unica arma contro l’infarto, anche quando non si hanno mai avuto problemi. In Italia ogni giorno centinaia di persone vengono colpite da un infarto e circa un attacco di cuore su due spesso avviene senza alcun segnale premonitore. È quanto evidenziano gli esperti della Società Italiana di Cardiologia, riuniti a Roma per il congresso annuale che si terrà fino al 7 dicembre.

Pasquale Perrone Filardi, presidente della Società italiana di cardiologia (Sic) e docente all’Università Federico II di Napoli, durante il suo intervento ha richiamato l’attenzione su un dato particolarmente allarmate: molti eventi acuti insorgono in persone che, fino a quel momento, non avevano mai manifestato disturbi cardiovascolari evidenti. Proprio per questi pazienti, spiega, il pericolo potrebbe essere ridotto attraverso un ricorso più rapido alle terapie più avanzate, insieme all’uso delle statine.

Secondo Perrone Filardi, la sfida per il futuro consiste nel curare la progressione della malattia stabilizzando le placche aterosclerotiche prima che provochino il primo infarto, superando la tradizionale distinzione tra prevenzione primaria e secondaria. Da qui l’invito a diffondere una vera “educazione cardiologica” rivolta all’intera popolazione.

Il ruolo del colesterolo LDL

Ciro Indolfi, professore straordinario di Cardiologia all’università di Cosenza e past president della Sic, ricorda che “il colesterolo cattivo alto è il fattore di rischio più rilevante per gli attacchi cardiaci anche in chi non ha mai avuto un evento acuto, ma ha un alto rischio perché non riesce ad abbassare livelli elevati di colesterolo con le statine, seppure ben tollerate”. Una parte dei pazienti, pur assumendo statine in modo corretto, non riesce a ridurre adeguatamente il colesterolo.

Per questi casi, evidenzia Indolfi, arrivano risultati incoraggianti dallo studio Vesalius-Cv, pubblicato sul New England Journal of Medicine, che documenta l’efficacia degli inibitori di Pcsk9. Lo studio apre di fatto la strada a strategie più solide di prevenzione del primo evento cardiovascolare.

Lo studio internazionale

Il trial multicentrico ha coinvolto 12.300 persone in 36 Paesi, monitorate per oltre quattro anni. Nessuno dei partecipanti aveva alle spalle infarti o ictus, ma tutti erano considerati ad alto rischio e già trattati con statine. L’aggiunta di evolocumab, un anticorpo monoclonale che inibisce Pcsk9, ha permesso di ridurre in modo significativo la probabilità di infarto e ictus anche in chi non aveva storia clinica precedente. È la prima volta che un farmaco di questa classe dimostra un beneficio così netto in prevenzione primaria.

Nonostante i progressi terapeutici, la gestione delle dislipidemie resta complessa. Gianfranco Sinagra, presidente eletto della Sic, ricorda come i dati europei dell’EuroAspire VI mostrino una realtà poco confortante: solo una minoranza di pazienti ad alto o altissimo rischio riesce a raggiungere i valori target di colesterolo LDL.

Molti sospendono le statine per presunte intolleranze, che si rivelano reali solo in una piccola parte dei casi.

La prospettiva di una terapia più semplice

Gli specialisti guardano con interesse all’arrivo di un’innovazione ulteriore: la nuova pillola anti-colesterolo da assumere una volta al giorno,il primo inibitore di Pcsk9 in forma di compressa, da assumere una volta al giorno. Il farmaco, enlicitide, negli studi di fase 3 ha mostrato una riduzione del colesterolo LDL superiore al 50%, con risultati simili a quelli delle terapie iniettive e un profilo di sicurezza molto favorevole. Una modalità di assunzione più semplice potrebbe migliorare l’aderenza e rendere la prevenzione più efficace.

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