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NotizieFarmaco anti-obesità funziona anche contro alcolismo e malattie del fegato: il test

Farmaco anti-obesità funziona anche contro alcolismo e malattie del fegato: il test

Continua a stupire il mondo della medicina, con le sue potenzialità, il farmaco anti-obesità di Novo Nordisk, con il principio attivo semaglutide. Dopo il successo mondiale ottenuto nel trattamento dell’obesità e del diabete, il farmaco Wegovy potrebbe diventare un ottimo alleato nella lotta all’alcolismo e alle malattie del fegato. Secondo il Financial Time la Novo Nordisk sta sperimentando i suoi farmaci dimagranti per verificare se possano aiutare chi ha problemi con l’alcol e curare alcune patologie epatiche.

Recenti studi clinici stanno esplorando queste nuove applicazioni, ampliando ulteriormente il campo di utilizzo di questo principio attivo. Alcuni ricercatori hanno scoperto che, il semaglutide, oltre a controllare i livelli di insulina e di zucchero nel sangue, può anche potenzialmente influenzare le aree del cervello che regolano il nostro desiderio di cibo, ma anche dell’alcol. Un servizio pubblicato online sul ‘New York Times’ aveva evidenziato che i pazienti che assumevano Ozempic hanno ridotto significativamente il consumo di alcol. Molti indizi che hanno portato il gruppo farmaceutico danese a puntare anche su questo fronte.

La Novo Nordisk sta conducendo uno studio di fase II, che dovrebbe concludersi a giugno 2025, per verificare, su circa 240 pazienti che utilizzano semaglutide e cagrilintide, principio attivo di un altro farmaco di Novo Nordisk, se queste molecole possano intervenire sui danni al fegato e ridurre il consumo di alcol nei partecipanti al trial con una malattia epatica alcolica. L’azienda è già al lavoro sul fronte delle malattie epatiche legate all’obesità, ma questo è il primo studio a valutare l’efficacia della nuova generazione di trattamenti dimagranti sulla malattia epatica alcolica.

Semaglutide ha mostrato benefici per la salute oltre la perdita di peso. Uno studio recente ha dimostrato che potrebbe ridurre del 18% il rischio di morte nei pazienti con malattie cardiovascolari.

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