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PensioniBallando con...gli esodati

Ballando con…gli esodati

Non vorremmo dare i numeri, anche perché non è il caso quando si tratta di dati che in qualche modo esprimono la drammaticità di una situazione comune a tante, troppe persone. Tuttavia la distanza tra i rilievi del ministero, quelli dei sindacati ed infine i dati dell’INPS appare disarmante e sconfortante. Ci si chiede come sia possibile che il numero degli esodati comunicato dal Ministero e pari a 65.000 unità (per le quali sarebbero stati predisposti gli opportuni interventi di tutela), corrisponda ad  un sesto di quanto invece comunicato proprio ieri dall’Inps, che fissa il numero degli esodati a 390.200 unità.

Ma ricapitoliamo la vicenda.

Appena tre settimane fa il Ministro Elsa Fornero nell’inviare la bozza del decreto esodati al ministro dell’economia, ribadiva di considerare chiuso il discorso sul numero degli esodati, che sarebbero stati autorizzati ad andare in pensione con i criteri previgenti  a quelli della riforma delle pensioni, fissando la quota a 65.000 unità.
A tale comunicazione, seguivano le reazioni dei sindacati, in aperta contestazione con il dato del ministero, che già in passato (la vicenda si protrae dalla data di approvazione della riforma pensionistica e cioè dal marzo 2012) era stato  ritenuto del tutto inadeguato.
Ora a supporto di quanto asserito dai sindacati ed a parziale conferma di quanto già affermato agli inizi di aprile dagli organi di stampa che parlavano di circa 350mila esodati, il dato diffuso ieri dall’Inps rivede al rialzo le stime relative al numero degli esodati arrivando fino al picco di 390 mila unità.
La reazione di Fornero non si è fatta attendere, sfibrando ulteriormente i rapporti in essere tra il n° 1 dell’Inps, i sindacati ed il ministro, che già lo scorso 29 maggio aveva dovuto rintuzzare le richieste provenienti da più parti di trovare per tutti gli esodati (allora erano ancora 65.000…) una soluzione adeguata, pur nella parziale disponibilità di risorse economiche.
In serata è quindi arrivato il comunicato del Ministro riguardante la relazione choc dell’Inps: «Valutazioni non corredate da spiegazioni  che hanno finito per ingenerare confusione  e sconcerto nella pubblica opinione» .  Contemporaneamente,  il presidente  dell’Inps Antonio Mastrapasqua ed il direttore generale Mauro Nori sono stati convocati d’urgenza  al ministero del Lavoro . Al termine della riunione  il durissimo comunicato di Fornero. Il ministro «ha manifestato ai vertici Inps la propria  disapprovazione e deplorato la parziale non ufficiale diffusione di informazioni che ha  provocato disagio sociale».

Sul fronte opposto i sindacati hanno visto invece confermati i propri timori, tanto da consentire al leader Cgil di ribadire «che il numero dei 65.000 fosse assolutamente irrealistico, che i numeri sono molto più consistenti era assolutamente evidente»  mentre il segretario confederale della Cisl, Maurizio Petriccioli è tornato sulla riforma previdenziale per ribadirne le criticità ed evidenziare come “ in assenza della gradualità necessaria ad offrire il giusto accompagnamento alla pensione per le persone che erano ai limiti del raggiungimento dei vecchi requisiti pensionistici, ha prodotto una ferita nel paese lasciando centinaia di migliaia di persone senza un reddito da lavoro o da pensione”.
Tali differenze ovviamente possono essere ricomposte, poiché risultano derivare da una diversa impostazione  nel conteggio di varie categorie di soggetti.
In particolare, a far lievitare il numero degli esodati nel computo dell’Inps, sarebbero coloro che hanno scelto la prosecuzione volontaria (133mila persone autorizzate ai versamenti volontari, nate dopo il 1946 e con un ultimo versamento contributivo antecedente il 6 dicembre 2011) e i cosiddetti “cessati”, ovvero quelli che sono usciti dal lavoro per dimissioni, licenziamento o altre cause tra il 2009 e il 2011 che hanno più di 53 anni e che non si sono rioccupati (180mila secondo l’Inps). Per queste due categorie il decreto del Governo prevedeva rispettivamente solo 10.250 e 6.890 salvaguardati.

Il Governo rispetto ad un totale di potenziali pensionati di 313mila unità, sottolinea nel decreto in via di emanazione che potranno andare in pensione con le vecchie regole solo coloro che maturano la decorrenza della pensione entro 24 mesi dall’entrata in vigore del Salva Italia (6 dicembre 2011) e quindi di fatto che, considerata la finestra mobile, maturano i requisiti entro maggio 2012 se autonomi e entro novembre 2012 se dipendenti.
Inoltre ai 313mila di cui sopra, secondo l’Inps, andrebbero aggiunte anche le platee di quanti sono in mobilità (45mila persone tra mobilità ordinaria e quella lunga a fronte dei 29.050 salvaguardati dal decreto), e di coloro che fruiscono dei fondi di solidarietà (26.200 a fronte dei 17.710 previsti dal decreto) e beneficiari del congedo straordinario per l’assistenza ai figli gravemente disabili (3.330 a fronte dei 150 previsti dal decreto in via di emanazione).
La differenza in questo caso, è riconducibile ad una data, quella del  4 dicembre 2011,  data entro la quale il lavoratore che potrà andare in pensione con le vecchie regole dovrà essere già uscito dal lavoro e essere in mobilità (e quindi non la data entro la quale è stato fatto l’accordo collettivo con l’azienda).
In pratica, mentre l’Inps considera tutti coloro che, a seguito della riforma, sono accomunati da una situazione comune e che con le vecchie regole avrebbero potuto anticipare i termini per l’accesso alla pensione, il Ministero si limita a ragionare di quelli che effettivamente avrebbero potuto ottenere la pensione in linea con i requisiti contributivi e di età, riconoscendo a 65.000 contribuenti il diritto che gli stessi avrebbero legittimamente maturato.
Tuttavia, tale balletto di cifre non risulta affatto piacevole, anche perché appare figlio di rivendicazioni ideologiche, piuttosto che di una comune necessità di individuazione e risoluzione dei problemi.

Spieghino pertanto, le varie istituzione i criteri di calcolo adottati e soprattutto perché 390.200 o 65.000 persone avrebbero diritto o meno alla pensione rispetto alle precedenti previsioni normative e si cessi poi una sterile rivendicazione numerica che rischia soltanto di creare nuovi dissapori tra i sempre meno rappresentati ed i presunti rappresentanti e tutori dei primi.

 

 

Articolo scritto da Salvatore Catornao

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