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PensioniInvecchiamento della popolazione lavorativa: quali scenari per il futuro?

Invecchiamento della popolazione lavorativa: quali scenari per il futuro?

Come sta cambiando il mondo del lavoro? Quali scenari ci aspettano con l’innalzamento dell’età pensionabile? Quale futuro attende l’attuale forza lavoro, caratterizzata da una forbice in aumento, che vede sempre più spesso operare a braccetto lavoratori di 20 anni e ultrasessantenni con esigenze fisiologiche diverse? Il mercato del lavoro si sta trasformando a causa dell’allungamento delle prospettive di vita: da proiezioni Isfol, infatti, in Italia nel 2015 saranno oltre 13 milioni gli over65 (pari al 21,4% del totale) e si stima che nel 2050 saranno oltre 20.700.000, ovvero il 31,5% della popolazione.
Un trend in crescita, che nell’immediato futuro vedrà rimanere sul posto di lavoro, in virtù della nuova riforma del mercato del lavoro, anche le fasce più mature della popolazione e che inevitabilmente invita a interrogarsi sulle risposte che il nostro Paese dà, e dovrà sempre più dare, all’innalzamento dell’età pensionabile: “Nel secondo trimestre 2014, secondo le rilevazioni dell’Istat, ben il 45,8% degli italiani tra i 55 e i 64 anni è occupato attivamente, un +3,7% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, mentre nel 2004 lo era il 30,5%. Il progressivo invecchiamento della forza lavoro ha ricadute importanti anche sul fronte della sicurezza. Occorrerà prevedere nuove modalità con cui sensibilizzare e poi formare gli operatori, oltre ad implementare nuove politiche aziendali che tengano conto delle mutate esigenze dei loro addetti sia in fatto di sicurezza, che di benessere, che di welfare aziendale” sostiene Marilena Pavarelli, Project Manager di Ambiente Lavoro, il Salone dedicato alla sicurezza e alla salute nei luoghi di lavoro, che si terrà a Bologna dal 22 al 24 ottobre.
Su questo tema fortemente attuale ci si interrogherà durante la manifestazione, in occasione del Convegno “Invecchiamento e lavoro: aggiornamenti, esperienze e proposte organizzato, mercoledì 22 ottobre, dalla Consulta Interassociativa Italiana per la Prevenzione (CIIP) e da SIE – Società Italiana di Ergonomia. Durante i lavori del Convegno, esperti in medicina del lavoro e previdenza presenteranno tutti gli aggiornamenti sul fenomeno dell’avanzamento dell’età della popolazione attiva.  Un’occasione di confronto che metterà sul tavolo le varie esperienze di lavoratori RLS, imprenditori, addetti alla sicurezza, medici e igienisti del lavoro, ergonomi, esperti di assistenza e previdenza sui reali  bisogni e soluzioni da prendere in tempi rapidi per fronteggiare criticità e risorse legate all’invecchiamento della popolazione lavorativa, tenendo conto, naturalmente, delle proposte e delle modifiche legislative sulle pensioni.
Dagli ultimi studi realizzati sul tema  – sottolinea Rinaldo Ghersi di SIE e coordinatore del gruppo di lavoro ‘Invecchiamento e lavoro’ di CIIP–  emerge che nel 2050 oltre il 30% della popolazione europea avrà più di sessant’anni e nel 2025 nell’Ue a 15, i lavoratori di età tra i 50 e i 64 anni saranno il 35%, il doppio dei minori di 25 anni, mentre nel Ue a 27 Paesi, nel 2030, i lavoratori di età tra i 55 e i 64 anni aumenteranno del 16,2% mentre i più giovani diminuiranno dal 5 al 15%, a seconda delle fasce di età. In pratica, l’Europa avrà la popolazione lavorativa più anziana della sua storia. Un fenomeno, questo, dalla duplice valenza – precisa Ghersi – Se da una parte infatti un lavoratore più anziano rappresenta una risorsa importante per l’azienda ed un risparmio per il sistema previdenziale, dall’altro verso aumentano i problemi di idoneità e collocabilità. È con questi presupposti che la salute e la sicurezza nel lavoro assume un ruolo fondamentale per promuovere la collaborazione tra soggetti di diverse età“.
Obiettivo non facile da raggiungere visto che, secondo un recente studio della European Agency for Safety and Health at Work (EU-OSHA), quattro lavoratori su dieci in Italia ritengono non solo che colleghi ultrasessantenni siano meno produttivi, ma anche che siano più assenteisti per motivi di salute. Il numero degli scettici italiani aumenta a 7 su 10 se si analizza la capacità degli over60 di aggiornarsi sui cambiamenti che il lavoro di oggi frequentemente richiede. Ed è proprio la riorganizzazione del lavoro, unita al carico eccessivo delle mansioni e delle ore lavorate, ad essere indicata dal 55% dei lavoratori italiani come possibile causa di stress lavoro correlato tra i lavoratori over60.

Lo scenario dell’invecchiamento della forza lavoro modifica di riflesso anche le tipologie di infortuni. Secondo l’ultima analisi del settore del Canadian Centre for Occupational Health and Safety, i lavoratori più anziani fanno registrare infatti più assenze dai posti di lavoro dovute al decorso fisiologicamente più lungo rispetto ai giovani colleghi. Ed anche per questo motivo la ricerca ha evidenziato una minore produttività degli over 60. Va aggiunto però che dal punto della produzione, a livello generale è emerso che i lavoratori più anziani hanno gli stessi indici di produttività per compiti che richiedono competenza ed esperienza, segno questo che occorre osservare con attenzione le molteplici dinamiche del contesto lavorativo.  La nuova sfida che attende lavoratori, aziende e istituzioni è infatti proprio quella di adattare il lavoro con le problematiche relative all’allungamento della vita lavorativa, alle diverse fasi della vita lavorativa stessa. Tenere quindi presente tutte le variabili dovute alla diversa età (fisiche, sociali, cognitive, organizzative) per poter sfruttare e non subire la ricchezza di questa diversità.
Un traguardo – conclude Ghersi –  raggiungibile non con un’unica soluzione ma con una serie di interventi mirati. Accanto alle strategie per l’invecchiamento attivo, sostenute dall’UE ed al miglioramento di posti ed organizzazione del lavoro, in contesti diversi per economia, ergonomia e welfare, occorre infatti riflettere anche sulle politiche previdenziali e di assistenza all’invalido. Dato per accertato e in costante crescita l’aumento dell’età dei lavoratori, è necessario entrare nell’ottica che per lavorare più a lungo è fondamentale lavorare meglio  e riorganizzare alcuni aspetti della seconda fase della vita lavorativa. Proporre, ad esempio, una maggiore flessibilità nei ritmi, nei turni, negli orari notturni e, dal punto di vista medico, rivedere la legge sui lavori usuranti che ad oggi non è sufficiente“.

Sfruttare quindi i cambiamenti a proprio favore, porterà al tempo stesso ad una maggiore produttività delle imprese e a migliori condizioni di lavoro, sempre più parte essenziale e duratura della nostra esistenza.

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