Con l’arrivo dell’autunno ritorna puntualmente anche l’influenza, e come ogni anno, coloro che destano maggiori preoccupazioni sono le persone anziane. Ma perché proprio gli anziani risultano più vulnerabili alle complicazioni della malattia? Una ricerca internazionale, pubblicata sulla prestigiosa rivista Pnas, ha individuato un colpevole finora poco considerato: una proteina chiamata ApoD.
Il lavoro è frutto di una collaborazione internazionale che ha coinvolto Università cinesi e britanniche. Gli autori hanno indagato e rilevato che la produzione di questa proteina diventa molto elevata con l’avanzare dell’età, agendo come un vero e proprio sabotatore del sistema immunitario. In pratica, invece di proteggere, finisce per indebolire la risposta antivirale, lasciando i polmoni esposti a danni più seri in caso di infezione.
Kin-Chow Chang, uno degli autori dello studio, ha spiegato che l’ApoD interferisce con i mitocondri, cioè le “batterie” delle nostre cellule, fondamentali non solo per dare energia ma anche per attivare gli interferoni, molecole chiave nella difesa contro i virus. Senza mitocondri funzionanti, l’organismo ha più difficoltà a reagire e l’influenza diventa molto più aggressiva.
La scoperta apre scenari nuovi e interessanti. I ricercatori parlano di terapie “mirate” che potrebbero bloccare l’azione dell’ApoD, ridando agli anziani una capacità di difesa più simile a quella dei giovani. Sarebbe un cambiamento importante: non una sostituzione del vaccino, che resta lo strumento principale di prevenzione, ma un aiuto in più per chi, anche dopo la vaccinazione, rischia comunque forme gravi della malattia.
E in Italia? I dati sul vaccino purtroppo non sono incoraggianti. Il vaccino anti-influenzale ancora è poco scelto come arma di prevenzione. Il ministero della Salute ha reso noti i dati relativi alle coperture vaccinali nella scorsa stagione. solo il 19,6% della popolazione generale si è vaccinata, e tra gli anziani la percentuale si ferma al 47,5%, ben lontana dall’obiettivo minimo del 75% fissato dal Piano nazionale di prevenzione. Con oltre 16 milioni di casi stimati e il 23% dei campioni analizzati risultato positivo al virus, l’influenza si conferma tutt’altro che una malattia “banale”.